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NEWS
28-09-2006 TUTTE LE NEWS
Migliora l'arte di produrre energia dal sole
Attualmente l'utilizzo del solare fotovoltaico copre solo l'1% della produzione di energia elettrica mondiale, ma il fermento del mondo scientifico, riunitosi a S.Francisco (CA) il 10-14 settembre 2006 al meeting dell'American Chemical Society porta alla luce tecnologie di nuova concezione lasciando intuire come tale contributo sia destinato a crescere rapidamente.
 

L'elemento fondamentale utilizzato nella produzione di celle è il silicio, un minerale dagli elevati costi di estrazione e dalla sempre più scarsa reperibilità. In alternativa è già possibile utilizzare altri materiali ben più economici, ma nessuno pareggia il silicio in fatto di efficienza: le unità fotovoltaiche in silicio si aggirano intorno al 15-20% (con picchi anche del 30% ottenuti in esperienze di laboratorio) mentre le corrispondenti a base di polimeri raggiungono un modesto rendimento del 3-4%. Gli elettroni all'interno delle celle, colpiti da un fotone, acquistano energia e vengono liberati. La corrente elettrica sviluppata dai pannelli fotovoltaici è frutto del flusso, in direzione obbligata, degli elettroni che hanno assorbito la luce. Nel caso di celle al silicio si ottiene corrente elettrica utilizzando un campo elettrico secondario che si crea attraverso gli strati della cella; con altri materiali il flusso ordinato è ottenuto inducendo un potenziale elettrochimico che incoraggi gli elettroni a muoversi da un'area a maggior densità verso un'area a minor concentrazione di cariche negative. In occasione dell'evento californiano sono state presentate tre nuove soluzioni che adottano materiali più economici per convertire la radiazione solare in energia elettrica.

Celle plastiche cristallizzate al forno

L'impiego di ossido di titanio (TiO2) migliora l'efficienza della conversione da energia solare ad elettrica. Inserendo uno strato di ossido di Ti tra la superficie da cui vengono emessi gli elettroni e quella che li riceve, le celle plastiche divengono più sensibili alle lunghezze d'onda di maggiore intensità luminosa. Con pochi minuti di forno a 150°C lo strato plastico si cristallizza determinando un aumento dell'efficienza. All'interno della struttura cristallina, infatti, gli elettroni vengono più facilmente indirizzati nella direzione utile.

La tecnologia - messa a punto dai professori Kwanghee Lee della Pusan National University (Corea del Sud) e Alan Heeger dell'Università di California, Santa Barbara - porta l'efficienza di conversione fino a 5,6%. Il risultato è già buono, considerati i minori costi di produzione rispetto al silicio, ma c'è ancora molta strada da fare. Secondo il dr. Lee raggiungendo efficienze del 7% le celle entrerebbero già in competizione con le corrispondenti in silicio.

La cella di Graetzel, emula della natura

In natura le piante assorbono l'energia solare durante la fotosintesi e scindono l'acqua in ioni idrogeno, elettroni e ossigeno. Gli elettroni rilasciati dalla reazione vengono catturati da molecole “vettore”, trasferiti successivamente ad altre molecole e infine impiegati per attivare reazioni chimiche che portano alla sintesi di zuccheri. Celle fotovoltaiche sensibilizzate con applicazione di coloranti tendono ad imitare questa “catena di assemblaggio”. Il pigmento nella cella svolge il ruolo che la clorofilla assolve nella pianta assorbendo la luce solare e facilitando la liberazione di elettroni. Utilizzando la ftalocianina, un pigmento che assorbe la luce visibile ma anche le lunghezze d'onda dell'infrarosso, Michael Graetzel, dello Swiss Federal Institute of Technology, è riuscito ad innalzare l'efficienza di conversione fino all'11%, un traguardo che vede avvicinarsi la commerciabilità della cella che prende il suo nome.

Un esercito ordinato di nanotubi di carbonio

La terza soluzione arriva dall'Università di Notre Dame (Indiana) per opera dell'equipe del professor Prashant Kamat che ha scelto dei nanotubi in carbonio come elettroconduttori. Ricoprendo la superficie di una cella, costituita da sulfito di cadmio, ossido di zinco e diossido di titanio, con minutissimi cilindretti di carbonio, come fossero capelli, viene facilitato il passaggio degli elettroni liberi che dalla cella si spostano verso l'elettrodo ricettore.
Applicando i microscopici tubicini in carbonio alle celle di Kamat si ottiene un'efficienza di conversione, con luce ultravioletta, che dal 5 arriva fino al 10% e, secondo il professore, si possono ottenere risultati analoghi anche con le celle plastiche o con quelle con addizione di pigmento.

www.scienzaegoverno.org