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NEWS
27-11-2005 TUTTE LE NEWS
Allarme calotta artica scomparirà in 150 anni
A Montreal la conferenza di 189 Paesi che aderiscono alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici.
Allarme calotta artica scomparirà in 150 anni. Ma il vero nodo della questione è il post-Kyoto
 
ROMA - Effetto serra, ghiacci che si sciolgono, mari che aumentano. Gli scienziati da tempo hanno lanciato l'allarme per i guasti climatici sulla Terra. Nuovi dati sempre più preoccupanti si aggiungono a conferma dell'emergenza, una catastrofe che porterebbe alla scomparsa della calotta artica nel giro dei prossimi 150 anni. Entro 300 anni la temperatura media potrebbe aumentare fino a 8 gradi con un aumento effettivo di ben 20 gradi nelle aree polari, la conseguente distruzione delle calotte (quella artica scomparirebbe già in 150 anni) e un innalzamento del livello del mare di circa 7 metri. Queste le previsioni del supercervellone del Lawrence Livermore National Laboratory che ha calcolato gli scenari oltre il 2100 e fino al 2300, il tutto calcolato in assenza di misure di mitigazione. Ma l'emergenza, anche se non così apocalittica, è già in atto: record di uragani in numero e violenza, picchi dei fenomeni estremi, colonnina di mercurio in salita, riduzione dei ghiacci. Tutti concreti campanelli d'allarme da non sottovalutare, dicono gli scienziati. E da domani sul clima si apre la sfida tra 189 Paesi. Dal 28 novembre al 10 dicembre a Montreal via all'undicesima conferenza delle parti che aderiscono alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (Cop11). Una conferenza che rappresenta il primo banco di prova per il Protocollo di Kyoto dopo la sua approvazione definitiva lo scorso 16 febbraio. Nodo della questione non tanto e non più Protocollo in sè ma il post-Kyoto. E, fanno sapere i rappresentanti istituzionali, non chiamatelo "Kyoto 2" perchè l'obiettivo è andare oltre. A Montreal si dovranno infatti definire le strategie globali per "governare" il cambiamento climatico dopo l'entrata in vigore del Trattato internazionale salva-clima. I negoziati, che si chiuderanno il 9 dicembre, dovranno cercare di coinvolgere in un piano comune gli Stati Uniti e i Paesi in via di sviluppo, in particolare India e Cina, insieme agli altri Paesi industrializzati (Canada, Giappone e Australia) che hanno costituito nel luglio 2005 un accordo "Asia-Pacifico" per una riduzione dei gas serra su base volontaria tramite lo sviluppo di nuove tecnologie e soluzioni energetiche. Ma Montreal vedrà anche la prima riunione ufficiale dei Paesi che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto (Meeting of the Parties to the Kyoto Protocol, ovvero Mop1). La Cop11 infatti mercoledì 30 sarà in seduta plenaria e istituirà la Cop/Mop (l'organo di gestione e governo del Protocollo). Dal primo dicembre si svolgeranno in parallelo i lavori della Cop, della Cop/Mop e degli organi sussidiari della Cop (Unfccc). Il clou dei negoziati di Cop e Mop è previsto per i giorni finali della conferenza, con l'arrivo di Capi di Stato, di governo e ministri dell'ambiente il 7 dicembre, mentre le conclusioni e l'adozione di decisioni sono fissate al pomeriggio del 9, in sessione plenaria. Mentre la Mop1 si occuperà dell'approvazione delle regole per la piena attuazione del Protocollo di Kyoto, lo scenario "Post Kyoto" sarà al centro dei lavori della Cop11. Il Protocollo impegna infatti i Paesi industrializzati che lo hanno ratificato a ridurre le proprie emissioni (nel periodo 2008-2012) nella misura del 5,2% rispetto ai livelli del 1990. Considerando l'assenza di Usa e Australia come Stati parte, si presume che la riduzione effettiva sarà invece attorno al 3,5%. Gli esperti hanno calcolato che la concentrazione atmosferica di Co2 dovrebbe essere stabilizzata entro la fine del secolo ad un livello compreso tra 500 e 550 parti per milione. Per raggiungere questo obiettivo, le emissioni globali di anidride carbonica dovranno essere ridotte, entro il 2030, di circa il 30% e per il 2050 del 60%, almeno rispetto ai valori attuali. Una concentrazione più elevata di Co2 comporterebbe un'intensificazione di fenomeni come uragani, inondazioni, siccità prolungate. Intanto le previsioni future riguardo al consumo energetico vedono un incremento notevole dell'impiego dei combustibili fossili. Secondo il "Business As Usual Scenario" del World Energy Outlook 2005, dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, il consumo mondiale di energia crescerà tra il 2004 e il 2030 di circa il 55%, determinando un aumento delle emissioni globali di Co2 per almeno il 60% rispetto ai livelli attuali. A fare la parte del leone le economie emergenti (Cina, India, Brasile, Indonesia, Sud Africa), che contribuiranno ai due terzi dell'aumento dei consumi e delle relative emissioni.

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