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05-12-2005 TUTTE LE NEWS
Kyoto – In arrivo quote gas serra per 1.000 impianti
Coinvolte centrali, raffinerie, cementifici. Clini: «L'operazione ha rilevanti ricadute sui costi di produzione in settori già penalizzati dall'aumento dei prezzi del petrolio»
 
Per centrali elettriche, raffinerie, cementifici, cartiere e industrie del vetro sta per scattare l'ora «X» per il rispetto dei vincoli di Kyoto. Entro il 9 novembre, il ministero dell'Ambiente invierà alla Commissione europea il piano dettagliato delle quote di anidride carbonica assegnate a circa mille grandi impianti industriali. Si tratta di un provvedimento molto atteso che ha suscitato non poche polemiche per le ricadute sui settori coinvolti. Il nodo è la direttiva «emission trading» che stabilisce un tetto massimo di gas serra, pena severe multe, per i grandi settori industriali e poi per i singoli impianti, da rispettare anche attraverso un meccanismo di scambio di quote di emissioni. «Siamo alle ultimissime battute. Il Piano è chiuso e martedì o al massimo mercoledì lo invieremo a Bruxelles» dichiara all'Adnkronos Corrado Clini, il direttore generale del ministero dell'Ambiente che segue il dossier. I tempi sono strettissimi e il rischio di sanzioni è concreto. L'Italia ha approvato con forte ritardo il Piano nazionale di assegnazione delle emissioni e, dopo un ping pong con Bruxelles che ha chiesto di rivederne i contenuti, il documento è stato approvato definitivamente prima dell'estate. La seconda fase prevede una «divisione» degli obiettivi del Piano, assegnando ai singoli impianti le quote di emissione. «Se non rispetteremo i criteri, scatteranno multe molto elevate, fino a 40 euro per ogni tonnellata in eccesso rispetto a quanto permesso», afferma Clini. L'operazione è molto complessa ma ha soprattutto rilevanti ricadute sui costi di produzione in settori ad alto consumo di energia, già penalizzati dall'aumento dei prezzi del petrolio. Anche per questo non sono mancate le contestazioni da parte dei settori industriali coinvolti (energia, petrolio, vetro, siderurgia ma anche carta e cemento) e una lotta senza esclusione di colpi per ottenere il massimo delle quote. In caso contrario, per mettersi in regola, sono necessari investimenti in nuove tecnologie o l'acquisto di quote di emissione aggiuntive alle «borse» dei fumi. Il ministero dell'Ambiente assicura un'assegnazione delle quote «con criteri assolutamente oggettivi». «I permessi corrispondono ai consumi energetici e ai combustibili usati. Per questo – spiega Clini – le quote di emissioni maggiori sono relative proprio al settore elettrico». «Sarebbe inaccettabile se il ministero dell'Ambiente attribuisse al settore termoelettrico praticamente tutto il carico del taglio di 23 milioni di tonnellate l'anno di anidride carbonica in eccedenza. Noi – sostiene il presidente di Assoelettrica Enzo Gatta – siamo responsabili solo del 50-55% delle emissioni e non possiamo farci carico di tutti i costi. Serve un'equa ripartizione». L'Italia si è impegnata a tagliare le emissioni di gas serra del 6,5% al 2010 rispetto ai livelli del 90. «Inizialmente – prosegue Gatta – si pensava che Bruxelles avrebbe concesso una maggiore flessibilità sul Piano nazionale delle emissioni che ogni paese deve presentare per adempiere agli obblighi di Kyoto. Alla fine, però, è risultato che per rispettare i tagli previsti gli operatori coinvolti avranno un extra costo di circa 500 milioni di euro in più l'anno per acquistare quote di emissione. E in futuro questi costi aumenteranno ulteriormente con evidenti problemi per le aziende e la competitività del nostro sistema». Contestazioni alle quali Clini replica sottolineando che «il Piano dell'Italia è stato un grande successo italiano perché Bruxelles, dopo un lungo negoziato, ci ha riconosciuto un aumento del 10% delle emissioni rispetto alle previsioni iniziali». www.vglobale.it

Fonte Adnkronos