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27-08-2007 TUTTE LE NEWS
Servono 210 miliardi di dollari per mitigare il global warming
All’Austria center di Vienna inizia oggi, e proseguirà fino a venerdì 31 agosto, la quarta sessione del gruppo di lavoro ad-hoc dell’Unfccc “Further commitments for annex I parties under the Kyoto Protocol” (Awg 4), un workshop mondiale per discutere dell’azione cooperativa di lunga durata per contrastare il cambiamento climatico ed implementare le azioni previste dal Protocollo e dalla Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc).
 
Il summit di Vienna, a cui partecipano 1.000 rappresentanti di governi, business ed industria, organizzazioni ambientaliste e centri di ricerca, è in preparazione dell’importante assemblea Onu che si terrà a Bali dal 3 al 14 dicembre, per concordare le azioni future di adattamento e limitare l’impatto delle attività umane sul clima, in vista della scadenza del protocollo di Kyoto nel 2012. E proprio alla vigilia dell’incontro viennese, l’Unfccc, di cui fanno parte 191 Paesi, ha fatto il calcolo di quanto costerà rispondere alla sfida del riscaldamento globale e prospettato i cambiamenti che saranno necessari negli investimenti e nella finanza internazionale, in particolare per l’aumento dei flussi finanziari verso i Paesi in via di sviluppo. «Nel 2030 – si legge in un comunicato dell’Unfccc – occorrerà che gli investimenti e i flussi finanziari si situino tra i 200 ed i 210 miliardi di dollari per mantenere le emissioni di gas serra al livello attuale». L’intero rapporto, che verrà presentato a Vienna, indica che, tenuto conto della crescita economica, i Paesi in via di sviluppo avranno bisogno di una buona parte dei flussi finanziari e degli investimenti internazionali. Secondo lo studio la quantità supplementare di investimenti e di flussi finanziari entro il 2030 ammonterà tra l’1,1% e l’1.7% degli investimenti globali. Non moltissimo, come avevano già prospettato altre precedenti valutazioni, ma forse ugualmente un cambio epocale per un’economia globalizzata ma in mano a pochi e non molto disponibili attori. Nel 2030, è previsto che i flussi di investimento verso i Paesi in via di sviluppo dovrebbero essere il 46% del totale globale, mentre queste nazioni dovrebbero realizzare il 68% delle riduzioni delle emissioni mondiali. Il problema è come il mercato, di fronte anche alle guerre globali ed alle frizioni che si cominciano ad intravedere e di cui parliamo in un’altra parti del giornale, terrà davvero conto di queste necessità globali di reindirizzare risorse ed investimenti (che vuol dire una cosa alla quale gli spiriti animali del mercato sembrano refrattari: redistribuzione della ricchezza ed un po’ più di equità a livello mondiale ) e non solo di quanto i nuovi mercati che si aprono con le iniziative di contrasto al global warming saranno appetibili, ma anche di quanto la politica globale saprà riprendere il controllo del governo ambientale del pianeta attraverso le istituzioni nazionali ed internazionali, magari rafforzandone il ruolo di indirizzo e controllo. Una linea sottile tra il pensiero unico del mercato, che quasi nessuno (se si escludono Chavez, Fidel Castro e qualche altro “resistente”) sembra più mettere in discussione, nemmeno nei regimi che si dicono ancora comunisti, e la necessità di mitigarlo ed indirizzarlo più “amichevolmente” mentre lo osserviamo ingoiarsi voracemente risorse, clima e ambiente del pianeta. «Uno dei modi chiave é di ottenere più fondi che passino attraverso il mercato del carbonio – dice l’Unfccc – Il mercato delle emissioni, creato dal Protocollo di Kyoto e le politiche che puntano a promuovere le energie rinnovabili giocano attualmente un ruolo importante nel reindirizzo dei flussi finanziari». I progetti del Meccanismo di sviluppo pulito (Mdp) del Protocollo di Kyoto hanno generato intorno a 25 miliardi di investimenti nel 2005. Per Yvo de Boer, segretario esecutivo dell’Unfccc «questo è rivelatore della velocità con la quale gli investitori reagiscono ai cambiamenti politici ed ai vantaggi economici», ed ha sottolineato che un accordo internazionale a lungo termine sul riscaldamento climatico potrà favorire investimenti e sviluppare i meccanismi per arrivare ad un mercato di 100 miliardi di dollari. Secondo la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, in vigore dal 2004, i governi uniscono e condividono le informazioni sui gas serra, le politiche nazionali e le buone pratiche; lanciano strategie nazionali per fare alle emissioni di gas serra e per adattarsi agli impatti previsti, compresa la messa a disposizione di sostegni finanziari e tecnologici ai Paesi in via di sviluppo; cooperano per prepararsi all’adattamento agli impatti del global warming. «Lo studio dimostra che uno sforzo cosciente per spostarsi dagli investimenti tradizionali alle alternative climate-friendly richiederà ai governi di adottare nuove politiche e cambiare il modo di utilizzare i loro fondi monetari. Le modifiche richieste per i futuri investimenti e flussi finanziari a nell´investimento hanno bisogno di una combinazione tra i processi intergovernativi dell’Unfccc e i governi nazionali». (Umberto Mazzantini)

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